Che cos’è la CPRE
La colangio-pancreatografia retrograda Endoscopica (CPRE) è una procedura endoscopica e radiologica utilizzata per la terapia, ed in alcuni casi per la diagnosi, delle patologie delle vie biliari, del pancreas e della papilla di Vater, talvolta in alternativa al trattamento chirurgico poiché meno pericolosa e meno invasiva.
Come si esegue la CPRE
L’esame viene eseguito in regime di ricovero, con paziente prono, supino o sul fianco sinistro, a seconda della necessità e delle preferenze tecniche dell’operatore, introducendo attraverso la bocca una particolare sonda flessibile, il duodenoscopio, dotato di una sorgente luminosa e di una piccola telecamera posta all’estremità, ma in sede laterale, che invia le immagini ad un processore e quindi ad uno schermo. Il duodenoscopio, viene fatto avanzare fino alla prima porzione dell’intestino, il duodeno, dove è presente la papilla di Vater, una piccola sporgenza della mucosa con un orifizio nel quale sboccano i dotti principali biliare e quello pancreatico. Il duodenoscopio è fornito di un canale operatore attraverso cui si possono introdurre gli accessori da utilizzare nelle procedure diagnostico-terapeutiche del caso. La fase diagnostica prevede l’introduzione di una piccola cannula nel canale operatore del duodenoscopio e, quindi, nell’orifizio papillare in modo da poter iniettare un mezzo di contrasto radiopaco nei dotti biliari e pancreatici.
Utilizzando raggi X sarà possibile visualizzare su di un monitor radiologico le immagini dei dotti riempiti dal mezzo di contrasto. Ciò consentirà di perfezionare la diagnosi ed orientare le successive procedure terapeutiche. A questa prima fase segue immediatamente la fase operativo-terapeutica. Essa inizia quasi sempre con un taglio (sfinterotomia) che ha la funzione di ampliare l’orifizio papillare e consentire le manovre necessarie alla risoluzione delle patologie evidenziate, tramite l’utilizzo di accessori dedicati. I tempi di esecuzione della procedura sono mediamente di 60 minuti. Poiché la CPRE prevede l’utilizzo di raggi X, tutte le donne in età fertile devono avere la certezza assoluta di non essere in gravidanza, onde evitare danni al feto. Nel dubbio, viene richiesto prima della procedura un test di gravidanza.
La preparazione alla CPRE
Lo stomaco vuoto consente la migliore e più sicura esplorazione endoscopica. A tal fine è necessario che il paziente sia a digiuno da almeno 12 ore; la presenza di cibo o residui alimentari limita il campo visivo inficiando l’attendibilità diagnostica della procedura e, in caso di vomito, può favorire il passaggio di residui alimentari nelle vie respiratorie. Nel colloquio precedente l’esame è indispensabile che il medico venga informato di eventuali malattie e/o allergie di cui il paziente soffre, se il paziente assume farmaci e se è portatore di pacemaker o di altra apparecchiatura impiantabile che possa interferire con strumenti elettromedicali. Nel caso in cui il paziente assuma farmaci anticoagulanti e/o antiaggreganti, in previsione dell’esame, potrebbe rendersi necessaria la loro sospensione o sostituzione previo consulto con lo specialista di riferimento. In condizioni cliniche particolari, può rendersi necessario l’utilizzo di farmaci che permettano il ripristino di valori adeguati dei test di coagulazione Nel caso di allergia al lattice si renderà necessario uno specifico allestimento della sala di endoscopia e l’utilizzo di materiali particolari. In previsione di particolari atti endoscopici operativi, sulla scorta dell’anamnesi del paziente, degli esami clinico-strumentali eseguiti in precedenza e dell’esistenza di possibili fattori di rischio, sarà considerata l’opportunità di eseguire test ematici per la valutazione dell’assetto coagulativo. Tale procedura prevede sempre l’utilizzo di una premedicazione adeguata al caso (sedativi, antidolorifici ed antispastici); a tal fine si posiziona un accesso venoso periferico e si monitorizzano la frequenza cardiaca, la saturazione d’ossigeno del sangue e la pressione arteriosa. Nel caso in cui si decida per una sedazione profonda, sarà necessaria la presenza dell’anestesista: il paziente verrà sottoposto a valutazione anestesiologia e dovrà firmare un consenso specifico e separato proposto dal medico anestesista. Eventuali protesi dentarie mobili dovranno essere rimosse prima dell’esame.
Procedure integrative a finalità diagnostico/terapeutiche che possono essere attuate durante la CPRE
Complicanze della CPRE e delle procedure aggiuntive
La CPRE è una procedura endoscopica complessa e, come tale, è gravata da possibili complicanze. Queste sono correlate a fattori di rischio legati al tipo di proceura o al paziente (età, sesso, storia di precedenti pancreatiti, anomalie della coagulazione, malattie concomitanti, etc).
La percentuale di complicanze, riportata in letteratura internazionale, è la seguente:
Cosa succede dopo la CPRE
Dopo la procedura il paziente viene monitorato fino al completo recupero post sedazione ed inviato in reparto. La prosecuzione del digiuno e l’esecuzione di controlli ematochimici e clinici per il monitoraggio di eventuali complicanze sono regolamentate dai protocolli del centro di esecuzione della procedura e delle singole unità di ricovero del paziente. Nelle prime 12 ore dopo la procedura possono comparire dolori addominali generalmente di scarsa importanza clinica che dovranno comunque essere valutati dal personale medico. Nei giorni successivi la CPRE è utile che il paziente controlli il colore delle feci che, in caso di emorragia, potrebbero diventare scure e maleodoranti.
Sarà indispensabile, allora, consultare un medico per valutare il problema.
Quali sono le alternative alla CPRE?
Le procedure diagnostiche alternative alla CPRE che in genere la precedono in quanto non invasive o meno invasive sono, rispettivamente, la colangio-RMN e l’ecoendoscopia.
In casi particolari, può costituire un’alternativa diagnostica la colangiografia trans-epatica percutanea (PTC), la quale però prevede l’uso di raggi X. Le procedure terapeutiche alternative alla CPRE sono rappresentate fondamentalmente dalla chirurgia e dalla radiologia interventistica (colangiografia percutanea trans-epatica).
La scelta di ciascuna delle opzioni terapeutiche è fatta sulla base dei vantaggi e svantaggi (complicanze,
percentuali di successo, risultati a distanza) che ogni singola procedura presenta in relazione alla patologia da trattare.
Come si disinfettano/sterilizzano gli strumenti
Al fine di garantire una prestazione sicura e libera da rischio infettivo per l’utente e per gli operatori sanitari, i dispositivi medici riutilizzabili (endoscopi e accessori poli-uso) sono puliti a fondo (superfici esterne e canali interni) immediatamente dopo ogni procedura con detergenti proteolitici, per rimuovere ogni materiale organico potenzialmente contaminante. A seguire, il materiale considerato semicritico (come l’endoscopio) è sottoposto a un ciclo di disinfezione di alto livello in specifiche lava endoscopi. Al temine del ciclo di disinfezione gli endoscopi vengono asciugati e, se non utilizzati subito, sono riposti in appositi armadi areati che consentono lo stoccaggio verticale per proteggerli dalla polvere, da possibili fonti di contaminazioni e dalle alte temperature. Gli accessori riutilizzabili (pinze, anse da polipectomia, ecc.), sono considerati strumenti critici e, dopo essere stati sottoposti ad accurato lavaggio, vengono sottoposti a un processo di sterilizzazione.
NOTA SUL MONOUSO: Gli accessori monouso vengono smaltiti, dopo l’impiego, secondo la normativa di legge vigente. A tutela della sicurezza degli utenti non è previsto il loro recupero e riutilizzo.
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