Con il termine di calcolosi del coledoco si intende la presenza di calcoli nel coledoco (o via biliare principale). Anatomicamente le vie biliari portano la bile dal fegato alla colecisti e infine al duodeno il primo tratto dell'intestino tenue. Nel 95% dei casi i calcoli si formano all’interno della colecisti (colelitiasi) e si spostano successivamente nel coledoco. Esistono tuttavia casi meno frequenti in cui i calcoli si formano direttamente nella via biliare.
Segni e sintomi più frequenti sono rappresentati dalla comparsa di un dolore acuto al fianco destro e dall’insorgenza di ittero (colorazione giallastra delle sclere e successivamente della cute) spesso accompagnati da difficoltà digestive, nausea e vomito.
In alcuni casi il quadro si complica per la comparsa di febbre elevata con brividi, che suggerisce una
sopraggiunta infezione della via biliare (colangite). Da ricordare infine la possibilità che la calcolosi della
via biliare causi un’infiammazione del pancreas (pancreatite) per ostruzione della via pancreatica da parte dei calcoli che si spostano nella sede dove confluiscono la via biliare e appunto quella pancreatica. Queste due ultime complicanze, seppur raramente, possono portare a quadri clinici potenzialmente gravi.
L’anamnesi e l’esame obiettivo sono sufficienti per sospettare una calcolosi della via biliare. I successivi riscontri diagnostici comprendono esami ematochimici (con misurazione di bilirubina diretta, gGT, fosfatasi alcalina, amilasi) ed un’ecografia epatica (con studio della via biliare). L’indagine di secondo livello di scelta in casi selezionati (forte sospetto clinico senza segni ecografici diagnostici) è rappresentata dalla Risonanza Magnetica (Colangio-RM) oppure eco-endoscopia (EUS).
Il trattamento della calcolosi della via biliare prevede spesso un approccio multidisciplinare radiologico, endoscopico e chirurgico. Non esiste attualmente una valida terapia medica alternativa. L’approccio endoscopico prevede l’esecuzione, in regime di ricovero, di una Colangio-Pancreatografia Retrograda Endoscopica (CPRE); questa procedura viene eseguita in regime di ricovero e in sedazione, e se necessario con la presenza di un anestesista. La metodica consiste nell’introdurre un tubo flessibile
(duodenoscopio) attraverso la bocca fino a raggiungere nel duodeno la papilla di Vater, dove sboccano la via biliare e il dotto pancreatico.
Attraverso la papilla di Vater si accede alla via biliare o al dotto pancreatico; si esegue, se necessario, la sfinterotomia (cioè il taglio, con bisturi elettrico, dello sfintere), e si procede con l’asportazione dei calcoli. Risulta essere generalmente ben tollerata, ma come per tutti gli esami strumentali invasivi sono possibili alcune complicanze. Le più frequenti, comunque rare, sono: la pancreatite acuta , l’infezione delle vie biliari (colangite), l’emorragia dalla papilla, la perforazione intestinale. La pancreatite acuta post CPRE è quella più frequente, ed è in relazione a particolari fattori di rischio, legati sia al paziente che al tipo di trattamento effettuato; per la prevenzione di tale complicanza, durante la procedura può rendersi necessario il posizionamento di protesi pancreatiche (temporanee) e la somministrazione di farmaci. La maggior parte di queste complicanze non richiedono un intervento chirurgico riparatore. In circa il 5% dei casi l’esame può non riuscire, p.e. per anatomia alterata (dopo interventi chirurgici sullo stomaco o sull'intestino) e/o situazioni patologiche che non consentono di accedere alla papilla di Vater. In questi casi un possibile approccio può essere quello per via radiologica interventistica. La tecnica più diffusa prevede dopo l'approccio endoscopico di bonifica della via biliare l’intervento chirurgico di colecistectomia, qualora la causa sia la formazione dei calcoli nella colecisti, e viene perciò chiamata sequenziale.
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