Entrare in relazione con l’altro è come una danza.
Chiede attenzione a sé e all’altro.
Sentire il tempo. Quello per proporsi e quello per assecondare.
Concedersi il tempo di emozionarsi.
COSA SIGNIFICA DIVENTARE “CAREGIVER”?
Caregiver è un termine inglese, entrato ormai nell’uso comune, che si traduce in “colui che si prende cura”. Il caregiver perciò è la persona che più frequentemente, a titolo gratuito e volontario, presta aiuto e assistenza al paziente, vivendo l’esperienza di accompagnarlo nel delicato percorso di cura. È una persona che assiste chi si trova nella condizione di non essere più autonomo nello svolgere le attività quotidiane a causa della malattia. Il caregiver può essere un membro della famiglia (partner, fratelli, genitori, figli...) o anche un amico, in entrambi i casi è chiamato a svolgere compiti di assistenza e ricoprire molti ruoli differenti.
Prendersi cura può significare aiutare a svolgere le attività quotidiane (preparare i pasti, fare la spesa, gestire i bambini, etc ...), accompagnare alle visite mediche, tenere i contatti con i curanti.
Il prendersi cura di un paziente oncologico a tratti può anche essere frustrante e doloroso e l’accettazione dei cambiamenti intervenuti può essere difficile. È molto frequente sentirsi confusi, stanchi, inadeguati, inoltre la diagnosi di una malattia oncologica genera molta preoccupazione, paura, tristezza, frustrazione e rabbia anche nei caregivers.
Spesso con la malattia si modificano anche i ruoli familiari: ad esempio da figli si diventa genitori, può capitare di doversi occupare di cose di cui prima non ci si era mai occupati o di dover rispondere a bisogni e necessità che cambiano nel tempo; tutte queste trasformazioni portano con sé un notevole carico emotivo.
I compiti di assistenza e cura possono logorare il caregiver che, non di rado, a causa del “peso” dell’accudimento, può cominciare ad accusare disagi psicologici come ansia, irritabilità o depressione, può sviluppare sintomi fisici, come stanchezza, difficoltà a dormire e problemi digestivi.
Domande quali: “che cosa succederà?”, “Lo vedrò star male?”, “Se mi succederà qualcosa, chi si prenderà cura di lui/lei?, o ancora “Come faremo con il lavoro?” sono frequenti nei caregivers e generano emozioni che se non capite, non riconosciute a sé stessi e non comunicate, possono trasformarsi in vere e proprie barriere, impedendo di trarre aiuto e beneficio dai legami sociali e aumentando la sensazione di isolamento e solitudine. Fare i conti con queste emozioni è invece fondamentale per poter superare la sofferenza e il disagio psicologico che la malattia porta con sé.
Il modo migliore che abbiamo per rendere le emozioni più accettabili è quella di comunicarle agli altri anziché allontanarle o cercare a tutti i costi di reprimerle. Condividere con qualcun altro una propria emozione ci permette di scoprire che non siamo gli unici a provarla, facendoci sentire meno soli. Può darsi che altri abbiano avuto preoccupazioni simili alle nostre e che possano avere suggerimenti utili da darci, inoltre parlare di sé e dei propri vissuti consente di ridimensionarne l’intensità, evitando così di farci sentire sopraffatti da essi.
QUANDO IL GIOCO SI FA DURO...
Avere a che fare con una malattia come il cancro rappresenta una sfida difficile, significa convivere con l’incertezza. Quando una persona ha il cancro attraversa diverse fasi e spesso nessuno è in grado di dare garanzie o predire cosa potrà accadere (per esempio riguardo all’intensità degli effetti collaterali, all’efficacia dei farmaci o ai problemi che la persona potrà incontrare durante i trattamenti).
Può essere difficile avere a che fare costantemente e a lungo con questo stato di incertezza, sia per la persona malata che per chi se ne occupa. Come è possibile nell’incertezza convivere con la paura senza esserne in balìa e allo stesso tempo coltivare la speranza? Ecco alcuni semplici e utili suggerimenti:
DA DOVE SI COMINCIA? SAPER ASCOLTARE, SAPER COMUNICARE
Cosa dire ad una persona che ha il cancro? Molte persone non sanno cosa dire o hanno il timore di dire le cose sbagliate, pensano che esista una giusta “ricetta” di cose da dire o da fare che gli altri conoscono. Non è così. Formule magiche valide per tutte le situazioni non esistono, non esiste un libretto di istruzioni per capire come e quando dire la cosa giusta. É possibile tuttavia creare la propria modalità personale che, di volta in volta, vi permetterà di entrare in contatto con la persona amata, fornendo aiuto e sostegno in un clima di vicinanza
affettiva.
É probabile che all’arrivo di una diagnosi di malattia oncologica la comunicazione tra voi e la persona malata subisca un’importante variazione, che può portare a volte ad un vero e proprio blocco comunicativo.
Spesso rivestire il ruolo di caregiver fa sentire la persona responsabile di dover fornire risposte per tutto, anche quando questo non è possibile. A volte ci si potrà trovare in difficoltà di fronte a domande “difficili”, è importante potersi concedere la possibilità di rispondere “non lo so”, perché l’aiuto che il caregiver può fornire non passa attraverso l’avere sempre una risposta, ma semplicemente nell’accogliere e ascoltare le domande. In questo modo si
consente alla persona di esprimere e condividere le proprie paure, riducendone l’impatto e l’ansia che accompagnano questi interrogativi, testimoniando allo stesso tempo la vostra disponibilità ad “esserci”.
Saper rappresentare un punto di riferimento quando tutto sembra crollare, è un contributo fondamentale e una vittoria contro l’impotenza.
Una buona ed efficace comunicazione si basa innanzitutto sulla capacità di adottare un ascolto autentico e sensibile, che ha l’obiettivo di far sentire compresa l’altra persona.
ASCOLTARE CON IL CUORE
Ecco qualche piccolo suggerimento per offrire un buon ascolto:
VADEMECUM DEL BUON CAREGIVER
Vediamo alcuni comportamenti che possono aiutare il caregiver a rivestire il proprio ruolo rispettando se stesso e la persona malata:
L’IMPORTANZA DI UNA “TREGUA” DALLA CURA
Nessuno può essere caregiver per 24 ore al giorno, più giorni, più settimane o mesi senza una tregua, senza un breve tempo di sollievo che anche numerosi studi hanno dimostrato essere necessario e migliorare lo stato di salute e benessere del caregiver. Spesso i caregivers esitano a prendersi del tempo dalla cura e dalla responsabilità, anche solo per un breve tempo e si sentono colpevoli se lo fanno. Il caregiver può avere una grande influenza sul benessere della persona malata, è indispensabile perciò che cerchi di preservare la propria salute fisica e psicologica per continuare ad essere un valido aiuto. Riconoscere di avere bisogno di uno spazio per sé non è una sconfitta, bensì un atto di coraggio! Avere la capacità e la forza di riconoscere i propri limiti e le proprie difficoltà,
permette di attivare le risorse necessarie per gestire le emozioni e condividere nel miglior modo possibile il percorso di cura. Ecco qualche piccolo consiglio utile:
PER INFORMAZIONI sul servizio di PSICO-ONCOLOGIA CONTATTARE
Servizio di Psico-oncologia 030.3518252 - 677
dal lunedì al venerdì
spc.oncologia@poliambulanza.it
Referente del Servizio di Psico-oncologia
Dr.ssa Federica Andreis Psicologa Psicoterapeuta
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La segreteria dell’oncologia medica 030-3515309
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