PARLARGLIENE O TACERE?
Quello di parlare o meno della malattia ai figli, specie se piccoli, è un dubbio legittimo, che molte volte assilla i pazienti oncologici, nel tentativo di proteggere i propri figli da una realtà spesso difficile e dolorosa.
In realtà è importante riconoscere che i bambini avvertono anche i più piccoli cambiamenti nella routine familiare e hanno “antenne” pronte a cogliere ogni minima variazione d’umore, di comportamento, di sguardo, di voce... Per questo diventa fondamentale informarli adeguatamente riguardo a ciò che sta succedendo, trovando le parole, i tempi e gli spazi idonei, nel rispetto di una comunicazione aperta e trasparente.
CHE COS’È IL PROGETTO ARCOBALENO
È uno spazio di ascolto e consulenza psicologica rivolto al genitore, sia singolarmente che in coppia, e a tutti coloro che vogliono capire come stare vicino ai bambini e come aiutarli a comprendere ed elaborare l’impatto della malattia sulla famiglia.
Inoltre è uno spazio per dare voce ai vissuti ed ai bisogni dei figli, per gestire insieme i possibili sintomi di disagio legati alla malattia del genitore.
Come faccio a dire a mio figlio che ho il cancro?
Quali parole posso usare?
E qual è il momento giusto?
Queste sono solo alcune delle domande che un genitore malato di cancro può porsi, interrogandosi sul senso e sul modo di comunicare la propria malattia ai figli.
Cari genitori, con pazienza, impegno e qualche sforzo, potrete scoprire di essere in grado di parlare della malattia oncologica ai vostri figli, in modo consapevole e senza timori. A volte è difficile e non va esattamente come vi immaginavate, ma la cosa importante è iniziare a pensarci e perché no... a provarci.
Durante i numerosi colloqui con i genitori pazienti oncologici, abbiamo raccolto dubbi, paure e riflessioni, dando vita a questo libretto.
Ci auguriamo che questo strumento possa essere per voi una guida chiara e pratica per aiutarvi ad accompagnare i vostri figli in modo graduale consapevole e rispettoso, a vivere un momento complesso della vostra vita famigliare.
1. NON ABBIATE TIMORE DI PARLARE CON LORO
“Perché spaventarli inutilmente?”
“… non vorrei creare loro dei traumi,
ho paura di non utilizzare le parole giuste”
“Lo vedo così tranquillo, non voglio dargli dei dispiaceri”
Parlare del cancro non è certo una cosa semplice, perché può scatenare tante emozioni dentro di voi … figuriamoci parlarne ai più piccoli!
All’inizio è difficile sapere cosa si può dire ai bambini e ai ragazzini circa il cancro.
Sappiate che parlarne non è una cosa che si può esaurire in una volta sola: i vostri figli hanno bisogno di aggiornamenti continui e della vostra disponibilità e pazienza ad accogliere le loro domande e le loro paure.
2. PERMETTETEVI DI ESSERE “IMPERFETTI”
“Non voglio mostrarmi senza parrucca, né tanto meno mostrare loro le cicatrici, non vorrei che si scioccassero o si spaventassero troppo”
“Cosa devo fare? Mi sembra che non sia mai il momento giusto!”
Non aspettatevi subito di dire la cosa “giusta”: ai vostri figli non servono le parole perfette, hanno bisogno che voi possiate stare con loro, anche in un tempo e in un luogo dedicato.
Riconoscete pure che non è facile, soprattutto di fronte alle domande più difficili e delicate e non preoccupatevi se non vi sentite in grado di affrontare subito la questione con i vostri figli. Fatevi tranquillamente aiutare e sostenere da una persona di fiducia, che conosca voi e i vostri figli.
3. ESPLORATE ED APPROFONDITE CIÒ CHE I VOSTRI FIGLI GIÀ CONOSCONO
“Non credo che sappia che la mia malattia si chiama cancro...”
“ Ho raccontato a mia figlia solo una piccola parte della verità, la voglio tenere lontana dall’ospedale e dall’ambiente delle cure”.
Potrebbe esservi d’aiuto chiedere ai vostri figli cosa già hanno capito e cosa sanno della malattia di mamma o papà. Soprattutto quelli più grandicelli potrebbero essersi costruiti delle loro “storie” circa la vostra malattia, che è bene che voi possiate conoscere.
Questo vi aiuterà a capire se ci sono distorsioni o incomprensioni, regolandovi così su quando, quanto e come dire, per aggiustare di volta in volta il “tiro” e sintonizzarvi con loro.
4. LASCIATE CHE VOSTRI FIGLI FACCIANO DOMANDE LIBERAMENTE
“E se poi facessero domande a cui non so rispondere e che mi mettono in difficoltà?”
“Perché aprire dei discorsi che poi mi farebbero piangere?”
È importante coinvolgere anche i bambini più piccoli e dare loro spiegazioni, facendo attenzione a non sovraccaricarli con eccessivi dettagli, che risulterebbero inutili.
Date qualche informazione e attendete, per dar loro il tempo di accogliere ed elaborare ciò che avete detto. Poi invitateli pure a fare domande libere.
Potrebbero chiedervi qualcosa anche in momenti successivi. Prendete sul serio tutte le loro considerazioni, perché questo darà loro sicurezza e li aiuterà a sentirsi capiti.
5. CONSERVATE I TEMPI E LE ROUTINE FAMIGLIARI
“In questo periodo, preferisco lasciare mia figlia dai nonni, non voglio che mi veda stare male e poi comunque non riuscirei a provvedere a lei adeguatamente”
“Quando torno a casa dopo la terapia, preferisco chiudermi in camera per i giorni in cui sto peggio, perché non tollererei il fatto di farmi vedere così debole”
Per quanto possibile, mantenete le vostre abitudini famigliari ed accogliete tutti i contributi che i vostri figli potranno darvi per aiutare a casa, senza per forza esigerlo.
Dar loro un piccolo ruolo all’interno della routine familiare permetterà loro di sentirsi coinvolti e partecipi in modo adeguato ed efficace. A volte ciò che serve è il tempo per adattarsi alla nuova situazione e per riorganizzare le abitudini di vita famigliare.
6. SIATE ONESTI E APERTI AL DIALOGO
“Non si pronuncia la parola morte, non me la sento di ammettere a mia figlia che potrei non farcela”
“Non voglio farmi vedere triste, cerco di essere sempre e comunque sorridente e fare finta di niente!”
Ricordate: nascondere la verità non significa necessariamente proteggere i bambini, anche se la realtà è molto triste. Incoraggiate i vostri bambini ad esprimere come si sentono e fermatevi ad ascoltarli tutte le volte che vi sembra siano predisposti a parlarne. Saranno occasioni preziose perché loro non si sentano soli.
Mantenete un atteggiamento aperto e disponibile al dialogo ed al confronto. È bene anche ammettere di non poter avere tutte le risposte.
Non abbiate paura di dire “non lo so”. I bambini sanno affrontare la verità, anche se molto triste, con una sorprendente capacità.
7. MOSTRATE IL VOSTRO AMORE E ACCOGLIETE TUTTE LE EMOZIONI
“Non voglio che mio figlio mi veda piangere e stare male, devo essere forte per lui “
“ Gli ho parlato della mia malattia e non mi ha chiesto nulla, anzi si è voltato e ha ripreso a giocare”
“I bambini imparano ciò che vivono”. L’espressione delle emozioni nei bambini segue l’esempio che ricevono dagli adulti e ciò che osservano in famiglia.
Non abbiate timore di esprimere i vostri sentimenti e di mostrare le vostre lacrime. Questo permetterà ai bambini di accedere più facilmente ai propri vissuti emotivi e li autorizzerà ad esprimere anche le emozioni più difficili, come la tristezza o la rabbia. Lasciate che i vostri figli sappiano quanto li amate. Assicurate loro che saranno
sempre nei vostri pensieri e nel vostro cuore: questo contenitore sarà la loro vera protezione.
Anche la gioia ha diritto di essere espressa: incentivate attività divertenti e giocose, senza paura di innescare sensi di colpa ed inadeguatezza.
ALCUNE CONSIDERAZIONI
L’intento di questa “guida pratica” è quello di fornire a voi genitori alcuni spunti di riflessione per aiutarvi ad accompagnare nel miglior modo possibile i vostri figli durante il percorso della malattia.
La malattia oncologica apre ad un senso di imprevedibilità e di attesa che può durare anche per molto tempo e purtroppo può avere esiti non sempre attesi. Per questo è importante coinvolgere il bambino sin dall’inizio, in modo che possa essere accompagnato gradualmente a comprendere cosa sta succedendo in famiglia.
Ogni famiglia è un piccolo mondo a sé, con la propria storia, i propri valori ed il proprio modo di parlarsi. Il metodo più efficace per poter fornire risposte ai figli è rispecchiare le proprie abitudini. I bambini imparano ciò che osservano dai loro genitori, anche rispetto alla malattia: se voi parlate della malattia in famiglia ed esprimete le vostre emozioni, questo faciliterà anche loro nel parlare di ciò che provano e nel farvi domande. Sappiate che, per quanti sforzi possiate fare per nascondere la verità ed allontanare i vostri figli dalla sofferenza, questi percepiranno comunque un cambiamento nel clima famigliare, per cui avranno bisogno di sapere cosa sta succedendo e cosa vi rende diversi. Senza spiegazioni possono rimanere
inquieti e confusi. La difficoltà a parlare con loro della malattia nasce spesso dalle vostre stesse ansie e dai vostri disagi. Riconoscere per prima cosa le proprie paure può
essere un importante primo passo per sentirsi pronti a coinvolgere i vostri figli nel percorso di cura.
CARATTERISTICHE SPECIFICHE PER FASCE D’ETÀ
Molti genitori si domandano cosa possano comprendere i bambini piccoli, oppure si stupiscono di reazioni emotive molto infantili dei propri figli più grandi.
Ecco alcune indicazioni che possono aiutarvi a capire meglio come funzionano la mente e il cuore nelle diverse fasce d’età.
I BAMBINI MOLTO PICCOLI
PRIMA DEI 5 ANNI
COSA PENSANO e SENTONO?
Spesso si ha la convinzione che i bambini più piccoli non siano in grado di comprendere, né tanto meno di recepire ciò che sta accadendo alla loro mamma o al papà. Per questo talvolta vengono completamente esclusi da ciò che avviene in famiglia. In realtà, seppur piccoli, i bambini possono ben cogliere i cambiamenti nella routine famigliare, anche se non ne comprendendono la causa. Si possono accorgere per esempio di un maggior stato di agitazione in famiglia o dell’assenza dei genitori o al contrario della presenza di persone nuove in orari insoliti.
COME SI COMPORTANO?
Potreste osservare nei vostri piccoli alterazioni nel sonno, maggiore irritabilità e variazioni anche delle abitudini alimentari.
Riconoscere questi cambiamenti nei vostri figli, vi permetterà di rispondere in modo più adeguato ai loro bisogni.
COSA POSSIAMO FARE?
I bambini piccoli hanno bisogno di tanta sicurezza perché hanno paura della separazione, degli estranei e di essere lasciati soli. Mantenete quanto possibile le stesse abitudini e provate ad essere presenti tutte le volte che state bene e ve la sentite. Una routine abitudinaria sarà rassicurante più di tante parole.
Se possibile fatevi aiutare sempre dalla stessa persona, in modo che si creino delle abitudini anche con le nuove figure all’interno della vostra famiglia.
L’ETÀ SCOLARE
DAI 6 AI 10 ANNI
COSA PENSANO e SENTONO?
I bambini di quest’età sono più attenti e coinvolti nella quotidianità familiare, inoltre hanno maggiori risorse emotive e cognitive per comprendere ciò che sta accadendo attorno a loro. Potrebbero perciò mostrare preoccupazione per la malattia del genitore.
COME SI COMPORTANO?
Potrebbero comparire:
COSA POSSIAMO FARE?
La comunicazione avrà un ruolo fondamentale per poter informare i bambini e creare le condizioni finchè possano comprendere e non aver paura di ciò che sta accadendo. È altrettanto importante non far troppa pressione su di loro e non focalizzarsi su dettagli che potrebbero aumentare l’ansia.Informare gli insegnanti di classe e collaborare con la scuola sarà molto utile per creare una rete di sostegno attenta ed efficace. La scuola sarà un contesto protettivo stabile, dove vivere pensieri e impegni nuovi.
LA PREADOLESCENZA E L’ADOLESCENZA
DAGLI 11 ANNI IN POI
COSA PENSANO e SENTONO?
La complessità della preadolescenza e dell’adolescenza, è legata ai numerosi contrasti tra lo slancio verso l’autonomia e il desiderio di sentirsi ancora piccoli e protetti dalla famiglia. Frequenti posso essere le altalene emotive di impulsi, proteste, ribellioni e necessità di ricevere sostegno e aiuto dagli adulti. La malattia può irrompere bruscamente e rendere ancora più incerto ed instabile il rapporto con i genitori: l’adolescente, proprio nel momento in cui sta provando a conquistarsi maggiori autonomie, si può vedere costretto a rimandare i propri piani a causa dei nuovi bisogni legati all’arrivo imprevisto della malattia.
COME SI COMPORTANO?
Gli adolescenti possono reagire in maniera diversa all’esperienza di malattia del genitore: possono diventare meno comunicativi, chiusi e sfuggenti o al contrario mostrarsi molto premurosi, iperprotettivi e volenterosi di prendersi carico degli impegni di casa. Possono preferire isolarsi, trascorrere più tempo con gli amici o al contrario trovano intollerabile staccarsi per troppo tempo dal genitore malato.
COSA POSSIAMO FARE?
Nonostante sia legittimo aspettarsi da loro più comprensione, vicinanza e rispetto delle regole di casa, non è detto che ciò avvenga e non lo si può pretendere. Non dimentichiamo che anche loro sentono dolore per ciò che state vivendo e hanno bisogno di essere riconosciuti nelle loro emozioni. È bene rispettare i loro tempi, non sovraccaricarli di troppi impegni e responsabilità e soprattutto aiutarli ad esprimere ciò che provano facendoli sentire accolti e non giudicati.
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dal lunedì al venerdì
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Referente del Servizio di Psico-oncologia
Dr.ssa Federica Andreis Psicologa Psicoterapeuta
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